Emblema della Repubblica Italiana

Consiglio Nazionale degli
Studenti Universitari

Ministero dell'Università e della Ricerca

2022-2025

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  • Home pagePareri2024Parere del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari circa il commento al DDL A.S. n. 1240, recante «Disposizioni in materia di valorizzazione e promozione della ricerca».

21 novembre 2024

All'On. Ministro dell'Università e della Ricerca

Sen. Anna Maria BERNINI

gabinetto@pec.mur.gov.it

 

e p.c.

Al Segretario Generale

Cons. Francesca Gagliarducci

Ministero dell'Università e della Ricerca

segretariatogenerale@pec.mur.gov.it

 

Alla Direzione generale delle istituzioni della formazione superiore

Dott.ssa Marcella Gargano

Ministero dell'Università e della Ricerca

dgistituzioni@pec.mur.gov.it

 

Alla Direzione generale
degli ordinamenti della formazione superiore e del diritto allo studio

Dott. Gianluca Cerracchio

Ministero dell'Università e della Ricerca

dgordinamenti@pec.mur.gov.it

 

Alla Direzione generale della ricerca

Dott. Vincenzo Di Felice

Ministero dell'Università e della Ricerca

dgricerca@pec.mur.gov.it

 

 

Al Presidente del Consiglio Universitario Nazionale

Prof. Paolo Vincenzo PEDONE

segretariatogenerale@pec.mur.gov.it

 

 

Alla Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane

Prof.ssa Giovanna IANNANTUONI

segreteria.crui@pec.it

 

Al Presidente dell'ANVUR

Prof. Antonio Felice URICCHIO

anvur@pec.anvur.it.

OGGETTO: Parere del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari circa il commento al DDL A.S. n. 1240, recante «Disposizioni in materia di valorizzazione e promozione della ricerca».

Adunanza del 21-22 novembre 2024

 

Il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari

Su proposta del dott. Davide Clementi, consigliere eletto in rappresentanza degli iscritti a corsi di dottorato di ricerca

 

Adotta il seguente PARERE:

 

Il 20 settembre u.s. il Governo presentava, su iniziativa dell'On. Ministro Anna Maria Bernini ma in assenza di qualsivoglia discussione preliminare con il mondo delle lavoratrici e dei lavoratori della ricerca, il DDL in oggetto.

Si tratta di un intervento normativo che apporta modifiche alla legge 30 dicembre 2010, n. 240, introducendo, in particolare, tre nuovi articoli: i 22-bis, 22-ter e 22-quater.

Nel suo complesso, il DDL in esame si proporrebbe di affrontare l'annosa questione della condizione economica e del regime contrattuale delle precarie e dei precari della ricerca, cioè di quei soggetti che i decisori politici si rifiutano di inserire a livello stabile nel sistema dell'istruzione superiore del Paese, quantunque siano questi indispensabili alla tenuta del mondo accademico italiano e nonostante l'Italia abbia in Europa uno dei peggiori rapporti tra il numero di studenti e docenti, secondo soltanto a Belgio e Irlanda. [1] L'autodichiarato - nobile e opportuno - fine è perseguito, tuttavia, attraverso strumenti a tutto campo inadeguati; si prevede in particolare il varo di una rosa di posizioni diversificate, quella che è stata definita su impulso della Ministra  "la cassetta degli attrezzi", che ripropone sotto mentite spoglie figure già abolite dalla L. 79/2022, quali l'assegnista di ricerca e il ricercatore a tempo determinato di tipo A (RTDA), erodendone per giunta diritti già acquisiti e creando nell'alveo del pre-ruolo sovrapposizioni innecessarie, in violazione della logica occamista: Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem.

Nel corso degli anni, le associazioni di categoria e lo stesso CUN, [2] non solo si sono più volte espressi a proposito della necessità di prevedere e di garantire, de facto e non già de iure, l'accesso in ruolo in tenure track a giovani studiose e studiosi, ma hanno anche preso posizione a favore della definizione di un'unica figura pre-ruolo invece di diverse posizioni precarie, che atomizzano inopportunamente la categoria. Il DDL in esame, invece, introduce quattro forme para-contrattuali, addirittura più flessibili di quelle abolite dalla L. 79/2022, affiancandole al contratto di ricerca e alle borse di studio finalizzate allo svolgimento di attività di ricerca post-laurea, con la certa conseguenza di allungare i tempi del pre-ruolo e di deprimere il lavoro intellettuale attraverso contratti poco o punto tutelati.

In linea generale, Il DDL prospetta la messa a sistema di misure pericolosissime per la tenuta dell'intero sistema universitario del Paese, configurando delle forme di lavoro intellettuale che risultano autentici unica nel panorama dei Paesi OCSE. Obiettivo del disegno di legge, nonostante l'autodichiarato proposito di «valorizzare e promuovere la ricerca», è infatti lo sbriciolamento del percorso con cui sarebbe possibile arrivare a ottenere una posizione di lavoro stabile negli atenei italiani. Per quanto ci si sforzi, non si riesce a intravedere nella riforma, infatti, una ratio legis diversa dalla volontà di retribuire una categoria già malpagata il meno possibile, per quanto più tempo possibile. Tale stato di cose si dipana a fronte della mancata volontà politica di dare applicazione alla L. 79/2022 attraverso il dovuto finanziamento del contratto di ricerca, che - si ricordi - costituisce non solo una delle riforme propedeutiche al raggiungimento delle milestone delle sequenze M4C2 [3] del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ma supplisce pure alle patenti insufficienze palesate dal sistema degli assegni di ricerca, il cui abuso viola la Carta Europea dei Ricercatori.

A fronte della firma il 9 ottobre u.s dell'Ipotesi di Contratto relativo alla sequenza contrattuale sul Contratto di ricerca, bloccato all'ARAN per più di due anni e mezzo, le circostanze sembrerebbero deporre per una contingenza francamente assurda: cioè che il Governo, da un lato, dia esecuzione alla Riforma 1.1 del PNRR «in materia di attuazione di misure di sostegno alla R&S per promuovere la semplificazione e la mobilità» [4] - dando seguito alla semplificazione dell'art. 22 della L. 190/2010 come disposto dalla L. 79/2022 - e, dall'altro, stia svuotando di significato quella riforma e quell'intervento normativo aggiungendo tre articoli, niente affatto semplificando ma sic et simpliciter complicando la stessa legge e offrendo agli atenei - per di più - soluzioni al ribasso.

 

Ciò premesso, si formulano le seguenti osservazioni.

I) In via generale e preliminare:

Nella relazione accompagnatoria, tra gli scopi del DDL, si enuncia come per il pre-ruolo universitario sia necessario un percorso «certo e delimitato nel tempo», con il duplice obiettivo di diminuire l'età dell'immissione nel sistema di giovani studiose e studiosi e ridurre, con ciò, la durata precariato. Visto che ammonterebbe tra i quattordici e i diciassette il totale degli anni di pre-ruolo potenziali secondo le disposizioni del DDL in oggetto e considerato che il CUN, con parere del 14 novembre u.s., ha ribadito la necessità di limitare a nove «il numero complessivo di anni da destinare al "pre-ruolo" tout court considerato», si propone nel dettaglio:

A - la soppressione del "nuovo" art. 22-bis - contratto post-doc di durata da 1 a 3 anni: si rileva che tale posizione rischia di bloccare l'operatività della figura, già esistente, del contratto di ricerca, previsto dalla legge n. 79 del 2022, ed è essenzialmente una riproposizione, di durata inferiore e senza le tutele di un rapporto di lavoro dipendente, dell'RTDA;

B - la soppressione del "nuovo" art. 22-ter - borsa di assistenti alla ricerca di tipo junior (di durata da 1 a 3 anni) e senior (di durata da 1 a 3 anni): si rileva che anche tali posizioni rischiano di bloccare l'operatività della figura, già esistente, del contratto di ricerca, previsto dalla legge n. 79 del 2022, e sono essenzialmente una riproposizione, con meno diritti, dell'assegno di ricerca. Si vedano, a titolo esemplificativo, la mancata previsione dell'indennità di disoccupazione di cui agli artt. 7, l. 22 maggio 2017 n. 81 e 15, comma 15-bis, d.lgs. 4 marzo 2015, n. 22 (indennità di disoccupazione DIS-COLL), e la possibilità, di cui al comma 6, di conferimento diretto della borsa su proposta del PI del progetto di ricerca.

C - la soppressione dell'art. 22-quater - Adjunct Professor: si rileva che tale posizione è ampiamente sovrapponibile alla figura, già esistente, del Professore a contratto, previsto dell'art. 23 della legge n. 240 del 2010.

D - la soppressione dell'art. 4, comma 2, del DDL A.S. n. 1240 e la conseguente modifica dell'art. 22, comma 6, l. 240/2010. In ogni caso, si ritiene irragionevole la presenza di una clausola di invarianza finanziaria, come pure del secondo periodo dell'art. 22, comma 6, l. 240/2010, di cui viene richiesta la soppressione: «La spesa complessiva per l'attribuzione dei contratti di cui al presente articolo non può essere superiore alla spesa media sostenuta nell'ultimo triennio per l'erogazione degli assegni di ricerca, come risultante dai bilanci approvati».

E - la modifica dell'art. 2 del DDL A.S. n. 1240 - Modifica al decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68: si ritiene necessaria la specifica che tali attività di assistenza alla ricerca possano essere conferite a studenti per il solo svolgimento di attività di ricerca inerenti il conseguimento della tesi di laurea magistrale o magistrale a ciclo unico. Inoltre, per tali attività è necessario prevedere un adeguato stanziamento a valere sul Fondo per il finanziamento ordinario delle università al fine di non ricadere sulle già previste attività di tutorato di cui all'art. 11, comma 1 del d.lgs. 68/2012.

F - la modifica dell'art. 3, comma 2, del DDL A.S. n. 1240 - Osservatorio per il monitoraggio dello stato di attuazione della disciplina in materia di accesso alla ricerca presso le università, gli enti pubblici di ricerca e le istituzioni AFAM: si rileva in particolare l'assenza nell'istituendo Osservatorio di un rappresentante del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari al fine di garantire il monitoraggio dello stato di attuazione della disciplina in materia di accesso alla ricerca e la valutazione delle sue ricadute sulla componente studentesca, dottorale e di specializzazione medica.

 

Per l'accesso ai ruoli nelle Università resterebbe così in vigore la forma contrattuale più semplice e di minore estensione temporale, per giunta già disponibile: il contratto di ricerca, istituito dalla recente novella della legge 79 del 2022, di durata massima quinquennale. Per evitare che tale limite venga impropriamente aggirato, è necessario tuttavia prevedere interventi anche sul conferimento di borse di studio finalizzate allo svolgimento di attività di ricerca post-laurea, disciplinate dall'art.18, comma 5, della L. 240/2010, come modificato dalla L. 35/2012. Si vede necessario in particolare che venga escluso dal novero dei potenziali destinatari di tale misura chi, al momento della selezione, sia già in possesso del titolo di dottore di ricerca.

Al fine di dare piena attuazione alla Riforma 1.1 del PNRR e al contratto di ricerca, come già richiesto dal CUN, si ritiene indispensabile prevedere un adeguato finanziamento strutturale del pre-ruolo e delle posizioni da ricercatore di tenure track. Tale adeguamento dovrebbe avvenire sia in termini di un consistente incremento delle dotazioni per i progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN) e del programma operativo nazionale (PON), sia - soprattutto - in termini di una specifica previsione di finanziamento da distribuire annualmente agli atenei, eventualmente attraverso l'introduzione di uno specifico articolo nei criteri di riparto del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) delle Università.

In tal modo non solo sarà possibile evitare il dirottamento dei fondi per le assunzioni su altre voci di spesa, come recentemente accaduto per la tranche B del Piano Straordinario per le assunzioni, con il conseguente blocco di procedure concorsuali già bandite - come accaduto a presso l'Università degli Studi di Siena con Decreto Rettorale prot. n. 225187 del 12/11/2024 -, ma sarà possibile anche programmare piani di finanziamento e reclutamento ciclici, ordinati, strutturati e inderogabili che, portando in maniera costitutiva le facoltà assunzionali a livelli europei, consentano anche in Italia una programmazione del reclutamento certa e condizioni di lavoro degne di un Paese sviluppato.

 

La Presidente
Alessia Conti

 



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