18 dicembre 2019 Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari
Roma, 17 dicembre 2019
Alla cortese attenzione dell'On. Ministro dott. Lorenzo Fioramonti Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca
dell'On. Vice Ministro dott.ssa Anna Ascani Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca
e p.c.
Al Capo Dipartimento prof. Giuseppe Valditara Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca
Al Direttore Generale dott.ssa Maria Letizia Melina Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca
Al Direttore Generale dott. Daniele Livon Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca
LORO SEDI
Oggetto: monitoraggio e prevenzione degli atti di
molestie e abusi in ambito accademico Adunanza del 16 e 17 dicembre 2019 IL CONSIGLIO NAZIONALE DEGLI STUDENTI UNIVERSITARI
VISTI gli artt. 2, 3 e 37 della Costituzione Italiana che riconoscono e garantiscono i diritti inviolabili dell'uomo, la pari dignità sociale ed eguaglianza davanti alla legge senza distinzione e riconoscono gli stessi diritti alle donne lavoratrici;
VISTO l'art. 1 della Raccomandazione 92/131/CEE della Commissione del 27 novembre 1991 sulla tutela della dignità delle donne e degli uomini sul lavoro che stabilisce che "qualsiasi comportamento a connotazione sessuale o altro tipo di comportamento basato sul sesso, compreso quello di superiori e colleghi, che offenda la dignità delle donne e degli uomini sul lavoro è inammissibile se: a) è indesiderato, sconveniente o offensivo per la persona che lo subisce; b) il suo rigetto o la sua accettazione vengano assunti esplicitamente o implicitamente dai datori di lavoro o dai dipendenti (compresi i superiori e i colleghi) a motivo di decisioni inerenti all'accesso alla formazione professionale, all'assunzione di un lavoratore, al mantenimento del posto di lavoro, alla promozione, alla retribuzione o di qualsiasi altra decisione attinente all'impiego; c) crea un ambiente di lavoro intimidatorio, ostile o umiliante, e che siffatti comportamenti possano, in determinate circostanze, costituire una violazione del principio della parità di trattamento ai sensi degli articoli 3, 4 e 5 della direttiva 76/207/CEE".
VISTA la Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica - meglio nota come 'Convenzione di Istanbul' - adottata dal Consiglio d'Europa l'11 maggio 2011 che vincola giuridicamente gli Stati membri ad intraprendere azioni concrete per arginare la violenza e le discriminazioni contro le donne;
VISTA la Risoluzione del Parlamento Europeo del 20 settembre 2001 relativa al mobbing sul posto di lavoro che rileva "che i problemi di mobbing sul posto di lavoro vengono probabilmente ancora sottovalutati in molti settori all'interno dell'UE e che vi sono molti argomenti a favore di iniziative comuni a livello dell'Unione, quali ad esempio la difficoltà di trovare strumenti efficaci per prevenire e contrastare il fenomeno" e "raccomanda agli Stati membri di imporre alle imprese, ai pubblici poteri nonché alle parti sociali l'attuazione di politiche di prevenzione efficaci, l'introduzione di un sistema di scambio di esperienze e l'individuazione di procedure atte a risolvere il problema per le vittime e ad evitare sue recrudescenze"; VISTA la Direttiva 2002/73/CE che modifica la direttiva 76/207/CEE del Consiglio relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro che sancisce che "le molestie e le molestie sessuali, ai sensi della presente direttiva, sono considerate discriminazioni fondate sul sesso e sono pertanto vietate" definendo la molestia come "situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato connesso al sesso di una persona avente lo scopo o l'effetto di violare la dignità di tale persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo" e le molestie sessuali come "situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato a connotazione sessuale, espresso in forma fisica, verbale o non verbale, avente lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una persona, in particolare creando un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo"; VISTO l'accordo quadro europeo sullo stress nei luoghi di lavoro siglato l'8 ottobre 2004 che identifica l'esposizione a comportamenti offensivi come causa di stress da lavoro;
VISTO il D.lgs 11 Aprile 2006 n.198 e s.m.i "Codice delle pari opportunità" che vieta le discriminazioni di genere e all'art.26 definisce le molestie sui luoghi di lavoro considerandole discriminatorie;
VISTA la Dichiarazione della World Medical Association sul bullismo e le molestie nelle professione approvata dall'Assemblea generale a Chicago nell'Ottobre 2017;
VISTI i "Reports of the Standard-Setting Committee on Violence and Harassment in the World of Work: Instruments submitted for adoption by the Conference" del 20 Giugno 2019 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro che esprimono l'urgenza di eliminare le azioni di violenza, molestia e discriminazione sul luogo di lavoro (rivolgendo particolare attenzione alle donne);
CONSIDERATO che secondo il report Istat del 13 febbraio 2018 su "le molestie e i ricatti sessuali sul lavoro" sono 1 milione 404mila (8,9% delle donne lavoratrici) le donne che nel biennio 2015-2016 hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Con riferimento ai soli ricatti sessuali sul luogo di lavoro si stima che, nel corso della vita, 1 milione 173mila donne (7,5%) ne sono state vittima per essere assunte, per mantenere il posto di lavoro o per ottenere progressioni nella carriera. Nell'11,3% dei casi le donne vittime hanno subito più ricatti dalla stessa persona e il 32,4% dei ricatti viene ripetuto quotidianamente o più volte alla settimana. La grande maggioranza delle vittime (69,6%) ritiene piuttosto grave il ricatto subito. Ciononostante, nell'80,9% dei casi, le vittime non ne hanno parlato con alcuno sul posto di lavoro. Quasi nessuna, inoltre, ha denunciato il fatto alle Forze dell'Ordine.
CONSIDERATO che le discriminazioni, le molestie e le molestie di natura sessuale in particolare nelle Università e nelle strutture, sanitarie e non, ove si svolge l'insegnamento teorico-pratico, costituiscono un problema negletto;
CONSIDERATO che i discenti sono categorie a rischio per molestie sia di tipo verticale (docente-discente, dipendente universitario-studente) che orizzontale (studente-studente) e che tale rischio aumenta laddove sia previsto un rapporto costante e limitato a poche persone come nel caso di esercitazioni e tirocinii;
CONSIDERATO che il personale in formazione in ambito sanitario, gli studenti e le studentesse in Medicina e Chirurgia e delle professioni sanitarie, costituiscono dei gruppi vulnerabili per violenze, discriminazione o molestie, anche a sfondo sessuale, sul luogo di formazione e lavoro come evidenziato dalle "Framework guidelines for addressing workplace violence in the health sector" del 2002 pubblicate d'intesa fra Organizzazione mondiale della sanità, Organizzazione internazionale del lavoro, Consiglio internazionale degli infermieri e Servizi pubblici internazionali che riconoscono quali fattori di rischio per potenziali vittime di violenza una vulnerabilità reale o percepita agli "individui in formazione o stage", ai "giovani" e alle "donne";
TENUTO CONTO che il CNSU rappresenta un fondamentale strumento di Advocacy nei confronti del mondo universitario, in grado di promuovere iniziative capillari di contrasto alle violenze, discriminazioni e abusi di potere;
Fermo restando il ruolo che le autorità competenti svolgono nei confronti dei casi di violenza, discriminazione e molestie
CHIEDE
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