Emblema della Repubblica Italiana

Consiglio Nazionale degli
Studenti Universitari

Ministero dell'Università e della Ricerca

2022-2025

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13 aprile 2021

Roma lì 13/04/2021

All'attenzione della Ministra

Prof.ssa Cristina Messa

 

 

Alla Segretaria Generale

Dott.ssa Maria Letizia Melina

 

Ministero dell'Università e della Ricerca

 

Oggetto: Proposta di indirizzo sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

Adunanza del 13 aprile 2021

 

IL CONSIGLIO NAZIONALE DEGLI STUDENTI UNIVERSITARI

VISTA l'iniziativa proposta dalla Commissione Europea e successivamente approvata dal Consiglio Europeo il 21 luglio 2020, intitolata Next Generation EU (NGEU);

VISTE le Linee guida per la redazione dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza emanate dalla
Commissione Europea il 22 gennaio 2021;

VISTO il Regolamento UE 2021/241 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021;

VISTO il documento XXVII n.18 presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri alla presidenza del Senato della Repubblica in data 15 gennaio 2021 recante il titolo Proposta di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (di seguito PNRR) costituente la bozza più recente di tale piano divulgata al pubblico,

VISTA la necessità da parte del governo italiano di trasmettere alla commissione europea il proprio
progetto di PNRR entro il 30/04/2021;

VISTI i pareri resi, sul citato documento, dalla VII Commissione del Senato della Repubblica e dal Consiglio Universitario Nazionale per le disposizioni e i progetti riguardanti la cultura, l'istruzione e la formazione;

VISTO il "Parere del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari sul Recovery Fund", espresso nell'adunanza del 6-7 ottobre 2020 in merito al documento "Linee guida per la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza", presentato dal Governo il 15 settembre 2020;

VISTA la propria mozione del 13 febbraio 2021, "Richiesta di coinvolgimento del CNSU per la redazione del PNRR";

CONSIDERATA la fondamentale opportunità di investimento e crescita che tale progettazione offre, ai fini di delineare anche nuove progettualità rispetto al tema della formazione superiore;

CONSIDERATA la necessità di impiegare al meglio queste risorse per colmare lo storico divario con il resto dell'Unione Europea in merito ai finanziamenti al settore "Istruzione, Università e Ricerca" e al numero di laureati;

CONSIDERATO il ruolo fondamentale del sistema universitario nazionale nello sviluppo del
paese;

 

 

RIPORTA LE SEGUENTI CONSIDERAZIONI

Le condizioni economiche in cui versa il nostro paese allo stato attuale a causa della diffusione del virus Covid-19 sono drammatiche e le misure straordinarie intraprese dal Governo nel corso dei precedenti mesi potrebbero risultare non sufficienti per far fronte alle condizioni di grave crisi socioeconomica che il sistema paese, e dunque anche i comparti dell'università e della ricerca, di conseguenza, si trovano e si troveranno ad attraversare. In un momento cruciale e di necessario rilancio, rifinanziare con somme consistenti l'istruzione pubblica di ogni ordine e grado deve essere prioritario, per dare un segnale inequivocabile di investimento rispetto alle generazioni future.  Ma i problemi del sistema di alta formazione non sono solo determinati dall'emergenza sanitaria. Questa ha, infatti, acuito deficit strutturali già da decenni annidati nelle pieghe del sistema universitario che lo mette in una posizione di affanno rispetto alle controparti europee: l'Italia, infatti, in relazione allo scorso target europeo relativo all'istruzione (strategia Europa 2020) riguardante l'innalzamento al 40% della quota di 30-34enni in possesso di una laurea, si posiziona al penultimo posto nell'UE. Con un valore medio stimato al 40,7%, l'UE ha complessivamente raggiunto nel 2018 l'obiettivo: Francia, Spagna e Regno Unito lo hanno superato da diversi anni, in Italia invece tale quota era ferma, all'inizio del 2020, al 27,8%. I dati europei rivelano che il divario più importante, che costituisce un vero ostacolo all'aumento di dette percentuali, è di tipo economico e più precisamente riguarda il supporto pubblico all'accesso ai percorsi universitari. Sul fronte delle tasse universitarie, per esempio, il NATIONAL STUDENT FEE AND SUPPORT SYSTEMS IN EUROPEAN HIGHER EDUCATION 2020/21 di Eurydice Europa rivela che in circa la metà dei paesi, gli studenti del primo ciclo pagano più di 100 euro all'anno, mentre in un quarto dei paesi europei, fra cui rientra l'Italia, le tasse superano in genere i 1.000 euro. Sul fronte del diritto allo studio, l'Italia si posiziona tra i paesi in cui un'alta percentuale di studenti che pagano le tasse si combina con una bassa percentuale di studenti che beneficiano di supporto finanziario. Gli interventi del PNRR devono necessariamente tenere conto di tale contesto.

Innanzitutto, il Consiglio ritiene insufficiente l'attenzione posta rispetto allo storico problema delle disparità territoriali, con particolare attenzione al Mezzogiorno, che necessiterebbe di una più ampia e puntuale programmazione.

Nelle tabelle finanziarie del piano, infatti, sono identificate soltanto le misure per il Sud finanziate con risorse del Regolamento React-EU per un importo complessivo di 8,7 miliardi di euro pari al 67,4% delle risorse messe a disposizione del nostro paese. Il Consiglio ritiene insufficienti le previste risorse destinate al Mezzogiorno per "Fiscalità di vantaggio per il lavoro al sud e nuove assunzioni di giovani e donne" (4,47 miliardi di euro), "Politiche attive del lavoro e formazione e Piano nuove competenze" (1,5 miliardi di euro), "Ricerca e trasferimento tecnologico e formazione" (2,8 miliardi di euro) e "Transizione ecologica" (0,8 miliardi di euro).

Risulta ancora più imprecisa la programmazione delle risorse e le misure specifiche per le regioni del Mezzogiorno riguardo ad "Alta Velocità ferroviaria e manutenzione stradale" (1,41 miliardi di euro), "Upgrading, elettrificazione e resilienza al sud" (2,4 miliardi di euro) e "Porti e intermodalità collegati alle grandi linee di comunicazione europee e nazionali e sviluppo dei porti del Sud" (2,1 miliardi di euro).

Si ricorda, inoltre, che l'assenza di indicazioni sulla concentrazione territoriale è denunciata dallo stesso Servizio Studi di Camera e Senato che precisa, nel Dossier DOC.XXVII, N.18 del 25 gennaio, che "Il PNRR non reca una ripartizione territoriale delle risorse, per cui non è possibile - allo stato attuale di dettaglio del Piano - definire la quota parte della spesa complessiva che verrà destinata al Mezzogiorno".

Il Consiglio chiede quindi di determinare con maggiore precisione e rigore le risorse che dovranno essere destinate alle regioni del Mezzogiorno, individuando gli indicatori per poter monitorarne l'effettiva ricaduta, di attuare un necessario rafforzamento amministrativo e di rimodulare il PNRR attribuendo un coefficiente di concentrazione a favore degli studenti universitari delle Regioni del Sud.

Parte 1 - 1.4: Le risorse del PNRR per un piano integrato di rilancio degli investimenti

Accogliamo positivamente lo stanziamento di fondi aggiuntivi per la contrattualizzazione dei medici in formazione specialistica. Suggeriamo che lo stanziamento sia mirato all'azzeramento dell'imbuto formativo, all'incremento dell'importo annuo della borsa di specializzazione, attualmente fisso dal 2007, con il raggiungimento del rapporto 1 a 1 tra concorrenti e borse bandite.

Ci rammarica non vedere mai citate le Scuole di Specializzazione di Area Sanitaria, con accesso riservato ai non medici. Mai come in questo periodo alcuni profili sanitari (ad es. Farmacisti ospedalieri, Fisici medici, Biochimici clinici...) sono stati riconosciuti nella già nota importanza per il SSN. Ciononostante, il percorso di specializzazione in tali discipline resta tuttora non finanziato e totalmente a carico degli iscritti che non percepiscono alcuna borsa di specializzazione.

MISSIONE 2: Rivoluzione verde e transizione ecologica

In relazione alla Missione 2 Rivoluzione verde e transizione ecologica, al punto 2.3, paragrafo 1, riguardante l'edilizia pubblica si evidenzia il restauro e la riqualificazione energetica degli edifici scolastici, al fine di intervenire sul 50% degli stessi. Il Consiglio recepisce positivamente questa azione, vista la situazione critica sia a livello strutturale che energetico di molti edifici scolastici. Lo stesso Consiglio, tuttavia, non può non sottolineare al contempo che dal lato universitario la situazione versi in condizioni spesso simili a quelle scolastiche e nota con rammarico la totale assenza all'interno del documento di interventi migliorativi per i nostri atenei.

Infatti, da come si può intuire osservando i rapporti di sostenibilità emessi, nei passati anni si è registrato quasi ovunque un incremento dei consumi ed emissioni, sia inteso a livello assoluto, che relativo al numero di studenti. Sebbene molti interventi siano stati eseguiti autonomamente dalle varie realtà, quali riciclo di acque grigie o installazione di pannelli solari/fotovoltaici, questi hanno avuto scopo principalmente sperimentale, che seppur importante nell'ottica di politiche green, non hanno sempre portato a concreti miglioramenti. Per l'appunto, gli sprechi che all'oggi si registrano maggiormente all'interno dei nostri luoghi di studio sono legati per la maggior parte al riscaldamento delle strutture. Tale situazione è spesso legata all'arretratezza infrastrutturale degli edifici che presentano una dispersione energetica molto alta. Un miglioramento della stessa comporterebbe una decrescita sostanziale dei consumi e specialmente del gas metano, consentendo anche un risparmio economico alle università, soldi che potrebbero essere poi spesi per altre tipologie di investimenti o sussidi a favore degli studenti.

Al momento le università, grazie ad un accordo stipulato tra GSE e CRUI, hanno la possibilità di ottenere benefici e aiuti per gli investimenti mirati all'efficientamento energetico. Tuttavia, tale procedura, a detta del personale tecnico-amministrativo, risulta il più delle volte di lunga durata e con un iter burocratico spesso farraginoso, rappresentando così un disincentivo verso gli investimenti green.

Come Consiglio riteniamo che un intervento mirato verso gli atenei sia necessario nella lotta al cambiamento climatico e che debbano essere introdotti strumenti di tipo finanziario contraddistinti da un accesso agile, per incentivarne l'utilizzo. Come CNSU, nei mesi scorsi ci siamo sentiti di suggerire una possibile estensione dell'Ecobonus anche agli atenei, poiché si utilizzerebbe uno strumento già presente nel quadro nazionale per gli incentivi alla riqualificazione. Comprendiamo che tale intervento richiederebbe un adeguamento normativo e crediamo, qualora non fosse possibile, che vi siano altre strade percorribili. Nonostante ciò, la nostra posizione rimane al momento salda sulla richiesta dell'istituzione di una forma di finanziamento o sussidio per contenere i consumi e gli sprechi all'interno delle università.

Il Consiglio esprime, infine, parere favorevole in relazione all'ampio stanziamento di fondi (circa 70 miliardi di euro) nell'ambito della sostenibilità ambientale nel suo complesso (capitolo 2; Rivoluzione verde e transizione ecologica).

Il CNSU pone infatti da tempo l'attenzione sulla lotta ai cambiamenti climatici e sul ruolo attivo che può avere in questo contesto il mondo dell'Università e della Ricerca, avendo istituito una Commissione ad hoc e portando avanti proposte e iniziative di sensibilizzazione in tutto il Paese.

 

MISSIONE 4: Istruzione e ricerca

Si considera positiva l'importanza dedicata all'ambito Istruzione e ricerca. La suddivisione su due livelli di investimento, come riportato nella sintesi della Missione 4 (pag.25) risulta un buon punto di partenza per ottemperare alle necessità di crescita del Paese, ancora caratterizzato da un deficit di competenze. La forte leva sulla necessità di investire nel diritto allo studio e sulle lauree STEM, sul divario territoriale e il focus sulla disparità di genere risultano note importanti e ampiamente condivisibili.

4.1 Potenziamento delle competenze e diritto allo studio

Analizzati i dati PIACC 2013-2016 e appurata la bassa percentuale di giovani laureati tra i 25 e i 34 anni, quantificabile in uno scarso 28% a fronte della media dei paesi OCSE pari al 44%, appaiono impellenti dei sostanziali investimenti in ambito di istruzione; apprezzabili sono, dunque, le tre direttrici che si intendono seguire, col fine di ridurre la cosiddetta povertà educativa, nonché le riforme in essere (pag.120), ma risulta doveroso sottolineare quanto alcune di esse abbiano urgenza di divenire concretamente e rapidamente realtà, essendo oggetto di ampi dibattiti ormai da svariati anni, quali la riforma sulle lauree abilitanti, quella dei dottorati di ricerca e non da ultima l'indifferibile necessità di investire nell'ambito dell'edilizia universitaria e di aumentare i fondi a sostegno della formazione tramite borse di studio.

L'Incremento delle Borse di Studio (par. 1.2) pur rimanendo un fattore positivo nell'attuale stesura del PNRR deve essere concretizzato da una adeguata copertura economica e da una parziale riforma delle norme di garanzia del Diritto allo Studio Universitario. Citando il Parere relativo al DDL 2790 (legge n. 178/2020) - Bilancio di previsione dello stato per l'anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023 (/media/39697/pa_2020_12_09_001.pdf) il CNSU ritiene auspicabile un aumento del FIS al fine di innalzare la soglia ISEE per l'accesso ai benefici di DSU (Borse di Studio, servizio mensa ecc.) a € 30.000. Questo, con l'obiettivo di aumentare il numero di beneficiari di borsa di studio (e gli importi delle stesse) rispetto ai quali il nostro paese detiene un ben triste posizionamento negativo. Risulta, al contempo, necessaria l'abolizione oppure una sostanziale revisione del parametro ISPE in quanto ritenuto non indicativo della reale disponibilità economica delle famiglie.

Si suggerisce che, oltre alle misure sopra citate, vi sia un intervento di riforma del comparto DSU volto ad un ampliamento dei servizi offerti, che non siano limitati alla sola erogazione della borsa, ma che implementi il novero di servizi a disposizione

Nel complesso, quindi, la quantità di risorse messe a disposizione per il diritto allo studio è da ritenersi cospicua e segna un'inversione di tendenza sicuramente apprezzabile. In particolare lo stanziamento di 1 miliardo di Euro destinati all'ampliamento degli alloggi per studenti; e i fondi destinati alle borse di studio e accesso gratuito all'università siano coerenti con gli obiettivi previsti dal Piano. Tuttavia si ritiene che vi siano ulteriori obiettivi da affrontare per quanto concerne i due comparti sopracitati per un pieno soddisfacimento delle necessità di sistema.

Pur condividendo e apprezzando l'indirizzo che il Governo e il Ministero hanno preso e le tipologie di interventi previsti, si suggerisce un massiccio intervento non solo per quanto concerne la residenzialità universitaria, ma anche per l'edilizia universitaria in tutte le sue declinazioni, come ad esempio le mense e le biblioteche. Le ragioni di questa richiesta sono legate a due motivi principali. In primo luogo le università italiane soffrono di una penuria di spazi che si riflette negativamente sull'esperienza degli studenti e delle studentesse, in secondo luogo la crisi sanitaria che in quest'anno ha cambiato radicalmente le nostre abitudini, come ad esempio vivere l'università in modalità telematica, e in futuro potrebbe non essere scontato tornare a vivere secondo le abitudini passate. Occorre pertanto mettere a disposizione della comunità studentesca spazi di qualità in grado di permettere una piena esperienza universitaria. Questo dovrà avvenire creando nuovi spazi di studio, aumentando il numero di posti nelle mense, e aumentando i posti nelle biblioteche, affinché l'università possa tornare ad essere un posto attrattivo per tutti. È necessario incrementare il numero di spazi a disposizione, la cui drammatica insufficienza è stata dimostrata dall'emergenza pandemica, attingendo al patrimonio pubblico e para pubblico attualmente dismesso con interventi che non vadano a sconvolgere l'assetto delle città e che siano rivolti ad una maggior vivibilità delle stesse. Si evidenzia inoltre l'assenza di interventi destinati all'ampliamento e al rafforzamento delle strutture universitarie per la didattica: nell'ottica di conseguire un aumento del numero di iscritti e di laureati risulta, infatti, centrale garantire che la frequenza agli studi possa avvenire all'interno di luoghi idonei e sufficientemente capienti.

Il comparto della residenzialità universitaria ha sofferto di un sottofinanziamento cronico per numerosi anni, consegnando al nostro Paese uno scenario nel quale solamente il 3% degli studenti fruisce di un posto letto in una residenza universitaria contro una media europea del 18%.

Il Consiglio ritiene sicuramente positivo il finanziamento per 1 miliardo di euro del sostegno alla residenzialità studentesca, per quanto questo sia ritenuto non del tutto sufficiente per risolvere le questioni degli studentati e del caro-affitti. Il Consiglio segnala, inoltre la mancanza di un piano integrato mirato ad agire non solo sulla questione dell'alloggio ma anche sul versante dei servizi: il PNRR, infatti potrebbe essere l'occasione per rivedere i LEP di cui al d.lgs. 68/2012 (innalzamento e finanziamento). Per rendere effettivamente accessibile la formazione non è sufficiente, infatti garantire un'abitazione agli studenti ma è necessario ridisegnare l'offerta di servizi delle nostre città universitarie (c.d. cittadinanza studentesca), con particolare riferimento ai servizi di trasporto pubblico anche notturno gratuito e sostenibile e accesso alla sanità locale per gli studenti fuorisede, previsioni specifiche di cui attualmente il PNR appare privo.

Si ritiene quindi fondamentale incrementare il numero di posti alloggio in mano agli enti per il diritto allo studio, attingendo agli immobili pubblici e para pubblici, per giungere alla copertura totale degli studenti attualmente aventi diritto. Una volta garantito un netto allargamento della platea degli aventi diritto e aver raggiunto una disponibilità di sistema capace di coprire tutte le effettive domande di posto letto, diventerà comunque importante un incremento dei posti disponibili, al fine di procedere alla messa in affitto a canone calmierato, ed evitare gli effetti pesantemente distorsivi generati dall'alta domanda studentesca.

Il Consiglio ritiene inoltre importante un investimento volto a rendere più accessibili i servizi necessari per la vita dell'intera platea degli studenti fuorisede.

Infine, si ritiene fondamentale l'obiettivo di razionalizzare la normativa vigente in materia di edilizia universitaria, con lo scopo di superare i limiti evidenti della Legge 338/2000, consentendo una maggior efficacia agli investimenti previsti e in particolar modo garantirà maggior efficacia agli interventi futuri.

Passando al tema della contribuzione studentesca, il Consiglio ritiene la soglia ISEE per accedere alla No-Tax Area (fissata nel Piano a 23.500 euro) insufficiente a intercettare le reali esigenze degli studenti, le cui famiglie necessiterebbero di un aiuto economico ulteriore. Per questi studenti, infatti, l'assenza di tale sostegno potrebbe significare l'impossibilità di proseguire degli studi.

È bene ribadire che, nel 2020 con il Decreto Rilancio, l'esenzione legale dalla contribuzione universitaria è stata portata dalla soglia ISEE 13.000€ a quota 20.000€. Questo innalzamento, che ha smentito l'innalzamento, precedentemente annunciato dal MUR, fino alla soglia ISEE 23.000€, è stato salutato dal CNSU come un passo nella giusta direzione ma del tutto insufficiente: questo Consiglio ha infatti sempre ribadito la necessità di un innalzamento della No-Tax Area almeno fino a quota 30.000€ ISEE.

A questo proposito, sempre citando il Parere relativo al DDL 2790 (legge n. 178/2020) - Bilancio di previsione dello stato per l'anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023, si segnala come, per raggiungere il pareggio di bilancio, gli Atenei attingono con sempre maggior frequenza dalla contribuzione studentesca, spesso violando il vincolo di legge (stabilito nel DPR 306/1997) del rapporto del 20% tra contribuzione e trasferimenti statali. Il Consiglio, ritenendo inaccettabile lo sfruttamento cronico della contribuzione studentesca, usata come stampella di un sistema che chiede un ripensamento, auspica quindi un pieno rifinanziamento del Fondo di Finanziamento Ordinario non inferiore ad almeno il 40% dell'aumento già previsto per ottemperare tutte le esigenze del nostro sistema universitario. Al fine di fronteggiare tali criticità, contestuali alla contrazione dei redditi causata dalla crisi economica in corso, si ritiene ulteriormente necessario incrementare lo stanziamento fino a 400 milioni di euro al fine di garantire una soglia di No-Tax area pari a 30'000 € di ISEE, come già richiesto in passato dal Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari.

Tale estensione, dovrebbe essere accompagnata da un corrispettivo allargamento della fascia di esenzione parziale fino a valori ISEE di almeno €40.000. L'imposizione di un limite superiore al contributo corrisposto dagli studenti andrebbe a tutelare le fasce intermedie, soprattutto in quegli atenei in cui la tassa cresce rapidamente con l'ISEE.

Tutti questi interventi rientrano e sono coerenti con la necessità di avviare un piano che permetta di raggiungere la gratuità dell'istruzione universitaria, attraverso una progressiva riduzione della contribuzione studentesca contestuale ad un graduale incremento dei trasferimenti statali ai singoli atenei.

Rispetto al tema didattica, si apprezzano gli investimenti destinati alla Didattica digitale integrata e alla formazione continua del personale scolastico, ma non si comprendono le motivazioni che hanno visto tale incentivo protagonista del solo panorama scolastico e l'esclusione di quello universitario.

In relazione alla voce Istruzione professionalizzante e ITS, e nello specifico le progettualità relative e Sviluppo e riforma degli ITS e Formazione professionalizzate collaborazione università - territori, il Consiglio sottolinea come vi sia un forte squilibrio a livello di investimento di risorse tra le sopracitate voci di spesa e l'incremento necessario per sanare le evidenti carenze strutturali del sistema universitario italiano; a tale proposito, si specifica come potenziare pesantemente le dotazioni strumentali e logistiche degli ITS e permettere un coinvolgimento diretto delle imprese nei processi di formazione, come evidenzia l'esperienza tedesca a riguardo, risulti inefficace e frutto di ulteriori disuguaglianze, andando parzialmente a falsare e distorcere la discussione sul miglioramento del comparto istruzione italiano nel suo complesso. Si ritiene comunque positivo un rilancio del sistema ITS, se affiancato da un serio contrasto alle distorsioni di cui sopra, al fine di colmare la carenza di offerta formativa professionalizzante che caratterizza il nostro Paese, con l'obiettivo di ridurre l'abbandono scolastico. Rispetto alle lauree professionalizzanti, il Consiglio evidenzia il rischio che l'investimento massiccio in tale specifica tipologia di lauree possa eccessivamente demandare la formazione alle singole regioni, con conseguenti notevoli divari e squilibri.

Per ciò che concerne la progettualità di Orientamento attivo nella transizione scuola-università si specifica come iniziative volte ad orientare gli studenti delle scuole superiori verso un successivo futuro universitario, si rendano quanto mai necessarie e possano essere considerate particolarmente positive nella misura in cui le stesse riescano a valorizzare le capacità e le propensioni degli studenti stessi. Su questo punto si sottolinea l'esigenza di un costante monitoraggio delle attività di orientamento, al fine di ottimizzare le risorse investite e di limitare quanto più possibile il tasso di dispersione e di abbandono degli studi, ancora eccessivamente alto in Italia.

Risulta, inoltre, del tutto assente nell'ambito dell'orientamento, una parte dedicata ai tirocini: il tirocinio, si presenta ad oggi come uno strumento che deve essere profondamente riformato per incontrare quei criteri di formazione, accessibilità e sicurezza che ad oggi mancano, in certi casi strutturalmente. La riforma del tirocinio curriculare è un obiettivo oggi più che mai da perseguire e sostenere con un adeguato stanziamento di fondi, nell'ottica dell'ampliamento dello spazio di tale strumento all'interno dei corsi di laurea abilitanti a seguito della probabile approvazione del cosiddetto DDL Manfredi sull'accesso alle professioni ordinistiche. La prospettiva intrapresa dal sistema universitario è, in questo senso, quella dell'accrescimento della centralità delle attività pratiche, con la valutazione del tirocinio abilitante sostituita all'attuale concorso di abilitazione. Appare chiaro che questa evoluzione non può essere un mero passaggio formale del modo di certificare le competenze ma richiede un ripensamento di tutto l'impianto di acquisizione di tali competenze mediante le attività pratiche, eliminando al contempo situazioni di sfruttamento e insicurezza.

Per questo motivo il Consiglio ritiene che debba essere inserita nel quadro delle riforme strutturali una revisione delle modalità di tirocinio curricolare, abilitante e professionalizzante che vada nella direzione di prevedere una forma di  valutazione delle esperienze di tirocinio da parte degli studenti, lo snellimento e l'efficientamento procedimenti amministrativi che siano improntati a una maggiore informazione sia in fase di orientamento e scelta del percorso pratico che in ambito organizzativo del suo svolgimento,  e la previsione di metodi di certificazione della portata formativa che subordinino il rinnovo delle convenzioni tra ateneo e soggetto ospitante al raggiungimento di taluni obiettivi formativi. In secondo luogo, è necessario che tale riforma garantisca il rispetto della sicurezza dei tirocinanti nei luoghi di lavoro, la gratuità ovvero il rimborso delle spese sostenute per spostamenti, materiale eventualmente necessario e per qualunque altro esborso necessario all'adempimento del tirocinio. Al contempo si ritiene desiderabile una vera e propria retribuzione del tirocinio stesso. L'auspicio è, infine, che vengano previsti per i tirocinanti curriculari, abilitanti e professionalizzanti, al pari dei lavoratori, diritti e tutele di base quali l'assenza per malattia, il diritto a non svolgere il tirocinio solamente in orari notturni, la possibilità di non svolgere il tirocinio in giorni festivi.

Si ritiene che, sotto questo profilo, si debba compiere un ulteriore sforzo, prevedendo in tutti gli atenei italiani degli sportelli fissi dedicati allo scambio tra Università ed imprese per svolgere colloqui e attività di ricerca di profili professionali.

Rispetto ai finanziamenti delle università italiane, il Consiglio auspica un aumento del numero di docenti universitari al fine di procedere, insieme alle misure relative all'edilizia, alla rimozione di tutti i numeri chiusi all'accesso dell'Università italiana.

Per quanto concerne le necessità digitali, si ritiene fondamentale un intervento atto a fornire i necessari strumenti tecnologici (in termini di dispositivi e connettività) a tutti gli studenti e le studentesse per garantire il diritto di accesso ad Internet e la possibilità di frequentare a pieno l'università nel XXI secolo.

Con riguardo alle specifiche missioni riguardanti il dottorato e le politiche della ricerca, si auspica una corposa revisione della allocazione di risorse come disposta dalla bozza del piano risalente al 12 gennaio u.s., caratterizzata da uno sbilanciamento dei finanziamenti verso il programma denominato "dalla ricerca all'impresa" nel quale si esauriva la quasi totalità della quota parte di finanziamento destinata al comparto università: è quanto mai necessario oggi garantire indipendenza della ricerca ed equo finanziamento dei settori scientifici, senza acuire ulteriormente le disparità tra aree strutturalmente interconnesse con l'impresa e pertanto attrattive di ingenti finanziamenti ed i settori delle scienze umanistiche e sociali, che si trovano innegabilmente in una posizione differente e che debbono poter contare su un più ingente intervento perequativo del finanziamento pubblico.

Nell'auspicio quindi, che il finanziamento destinato al comparto sia incrementato e più equamente destinato a sanare le numerose criticità esistenti, si segnala:

1. La necessità di valorizzare la figura del ricercatore, tanto nell'impresa, attraverso l'istituzione della figura del dottore di ricerca inquadrato nel contratto collettivo nazionale di lavoro, quanto nella pubblica amministrazione, con l'introduzione di canali di accesso ai ruoli dirigenziali dedicati ai dottori di ricerca.

2. La necessità di addivenire rapidamente ad una revisione complessiva della regolamentazione del dottorato di ricerca, con particolare riferimento allo status del dottorando, che deve transitare, in conformità alla Carta europea dei ricercatori e ai migliori standard internazionali, verso un rapporto contrattuale di formazione e lavoro, con una retribuzione pari almeno alla borsa percepita dai medici in formazione specialistica;

4. L'utilità dell'introduzione di bandi nazionali per il finanziamento, anche di tipo competitivo, di progetti di ricerca presentati da giovani ricercatori entry-level, che abbiano recentemente conseguito il dottorato, con il fine di garantire una prospettiva indipendente di prosecuzione della carriera.

4.2 Dalla ricerca all'impresa

Il Consiglio trova congruo il dettato della seconda componente di questa missione, "Dalla ricerca all'impresa", ritenendo fondamentali il potenziamento delle politiche di Ricerca e Sviluppo come leva fondamentale di occasione occupazionale per i nostri giovani e per il nostro Paese.

In relazione al sotto-capitolo 4.2 (Dalla Ricerca all'Impresa), il Consiglio giudica positivamente gli stanziamenti dichiarati per quanto riguarda il paragrafo 2.5 (Dottorati e ricercatori Green e Innovazione; 0,48 miliardi), giudicando questi ambiti di investimento fondamentali, soprattutto in questo periodo storico.

Ancora molto preoccupante è il dato sul numero medio di ricercatori in Italia rispetto alla media OCSE (5,5 ogni mille lavoratori contro quasi i 9 dell'OCSE); sebbene quanto riportato rispetto alle tre linee di intervento sia un programma di rafforzamento incoraggiante, è opportuno rendere oggetto di analisi non solo la quantità di fondi investiti e le azioni messe in campo, quanto la qualità: aumentare il numero di borse e il numero di progetti di ricerca disponibili, non affrontando il tema dell'incremento stipendiale, nonché dell'incremento delle singole borse o dei fondi relativi ai singoli progetti, è un'operazione ancora insufficiente per garantire la rispettabilità del lavoro svolto dai ricercatori in Italia. Urge un intervento a tutela dell'intensa dedizione che il lavoro di ricerca richiede, a garanzia di una prospettiva lavorativa e di vita confrontabile con quella dei colleghi all'estero.

MISSIONE 5: Inclusione e coesione

Il Consiglio contesta la mancata centralità dell'istituzione universitaria all'interno della riforma delle politiche attive del lavoro contenuta nel Capitolo 5.1: è in tal senso da sottolineare in modo negativo l'assenza di un obiettivo dichiarato e di un conseguente stanziamento di fondi direttamente riservati alle Università, per quanto riguarda il tema dell'orientamento in uscita, fondamentale per fornire agli studenti, al termine del loro percorso universitario, le conoscenze adeguate per affrontare l'ingresso nel mondo del lavoro.

MISSIONE 6: Salute

Per ciò che concerne la Salute, alcuni degli obiettivi generali proposti all'interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza riguardano il rafforzamento del sistema ospedaliero e il graduale sviluppo della rete di assistenza territoriale, al fine di garantire omogeneità nel dare risposte integrate (di natura sanitaria e sociosanitaria) e una sempre maggiore equità di accesso alle cure.

In un'ottica evolutiva di questo tipo, nella quale si prevedono una progressiva digitalizzazione a tutti i livelli del SSN fino a riguardare la gestione del paziente a distanza, soprattutto nel territorio (telemedicina), e un ammodernamento delle apparecchiature tecnologiche, si ritiene di fondamentale importanza non trascurare la necessità di rinnovamento della formazione medica.

È fondamentale che gli studenti di medicina possano effettuare in misura maggiore rispetto ad oggi esperienze formative di tirocinio nel territorio, in modo da poter contribuire più prontamente, una volta terminati gli studi, al rafforzamento dei servizi sanitari territoriali quali lo sviluppo delle cure intermedie previsto per i prossimi anni, consistente, ad esempio, nell'implementazione di presidi sanitari a degenza breve. Gli studenti di medicina inoltre dovrebbero essere introdotti alle nuove tecnologie in modo tale da ridurre i tempi di apprendimento successivi e ampliare le capacità di base dei professionisti del SSN.

Moltissimi studenti laureati in medicina, inoltre, al termine del percorso di studi dimostrano scarse conoscenze riguardanti la struttura del Sistema Sanitario Nazionale e il suo funzionamento; ciò non favorisce un rapido inserimento nel contesto lavorativo nel primo post-laurea.

 

Si ritiene fondamentale inoltre considerare nel percorso di miglioramento e trasformazione strutturale delle strutture sanitarie l'importanza della realtà studentesca presente quotidianamente all'interno dell'ospedale attraverso i tirocini.  Si ritiene opportuno dunque favorire la presenza degli studenti nei reparti ideando degli spazi nelle singole Unità Operative che mirino ad un miglioramento dell'esperienza pratica della formazione medica. Gli studenti dovrebbero sentirsi maggiormente integrati nel reparto.

 

Esprimiamo soddisfazione per la riconosciuta necessità di rafforzare l'attività di programmazione dei fabbisogni formativi. Auspichiamo che questa tenga conto non soltanto del turnover del personale sanitario, né dei soli potenziali formativi delle Scuole di Specializzazione. La programmazione deve basarsi sulle rinnovate esigenze di salute, sui cambiamenti dei setting assistenziali e sul task-shifting. L'incremento del numero di posti nelle Scuole di specializzazione sarebbe vano se non accompagnato da una profonda revisione del percorso di formazione specialistica, da una riforma del contratto di formazione che rispecchi in maniera più adeguata la realtà dei medici in formazione, che riconosca loro la possibilità di operare anche al di fuori del percorso formativo, secondo le competenze già acquisite, come peraltro già consentito per l'emergenza Covid.

 

Chiediamo che per meglio supportare quanto previsto per il "Potenziamento assistenza sanitaria e rete territoriale" sia definitivamente abolita la dicotomia fra i percorsi di formazione in Medicina Generale e Medicina Specialistica, rendendo il primo a tutti gli effetti una delle Scuole di Specializzazione di Area Sanitaria. Andrebbero inoltre rafforzate e meglio definite in termini di percorsi formativi e sbocchi occupazionali le Scuole di Specializzazione in "Medicina di Comunità e delle Cure Primarie" e "Medicina e Cure palliative".



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